Il ciclo della violenza
Nel precedente articolo abbiamo affrontato il tema della violenza domestica. In questo articolo impareremo a conoscere il ciclo della violenza: una sequenza di fasi che si ripetono all’interno di una relazione maltrattante e che consente il perpetrarsi delle violenze.
Cos’è la violenza di genere?
Per violenza di genere si intendono tutte quelle forme di abuso che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al loro sesso.
Il più delle volte si fa riferimento alla violenza perpetrata contro le donne in quanto tali, ed è proprio questo il focus dell’articolo.
La violenza contro le donne è una grave violazione dei diritti umani e rappresenta un problema ampio e diffuso, sebbene sia spesso trascurato o negato.
Gli stereotipi legati alla violenza contro le donne
Sono molti gli stereotipi diffusi circa l’argomento, ad esempio che la violenza sia presente in contesti poveri economicamente o culturalmente: la violenza è un fenomeno trasversale presente in ogni fascia sociale.
Un’altra falsa credenza, fomentata anche dalla scorretta comunicazione giornalistica, è che la violenza domestica sia determinata da sporadiche perdite di controllo dell’uomo, i cosiddetti raptus, o che sia causata dall’abuso di alcool/droghe. La realtà dei fatti riporta, al contrario, altre evidenze: la maggior parte dei maltrattanti non ha problemi di dipendenza o patologie psicologiche gravi.
La violenza è difatti una scelta vera e propria, che si concretizza esercitando il potere e il controllo sul comportamento della donna in diversi modi (si parla infatti di violenza psicologica, sessuale, fisica, verbale, economica e stalking).
Uno degli stereotipi più diffusi è che alla donna piace stare all’interno di una relazione violenta. Spesso banalmente ci si chiede come mai la donna semplicemente non tronchi il rapporto andandosene, o come mai non reagisca alla violenza. La risposta è tutt’altro che semplice: sono tante le variabili che bisogna prendere in considerazione, ad esempio la presenza di figli, la condizione economica, sociale e culturale, la paura dei giudizi altrui, etc.
Le fasi del ciclo della violenza
Diversi studi che si sono occupati del fenomeno hanno evidenziato l’esistenza di una sequenza di fasi che si ripetono all’interno di una relazione maltrattante, che consente il perpetrarsi delle violenze: il cosiddetto “Ciclo della violenza” (Leonor Walker, 1979), costituito da 3 fasi, che si succedono alternativamente.
Vi è una prima fase di tensione in cui l’uomo è sempre critico, irascibile ed esigente. Al contrario, la donna cerca di tener sotto controllo la situazione, calmando il partner o evitando di dire/fare qualcosa che possa scatenare la sua ira. L’aggressività solitamente non si manifesta in modo diretto, ma è molto sottile, prevalentemente psicologica, in cui spesso è la donna a sentirsi sbagliata.
In questa fase c’è un graduale aumento della tensione (litigi frequenti, gelosia, grida e atteggiamenti violenti) senza una durata precisa (inizialmente può durare anche anni):
- La vittima può percepire insulti e violenza verbale come eventi sporadici e controllabili. Agisce strategie di adattamento: adotta condotte che possano evitare di infastidire (illusione di controllo) e si attribuisce la colpa.
- Il maltrattante dopo ogni evento aumenta la tensione, sperimenta repentini sbalzi d’umore, si stizzisce nel vedere la mancanza di reazione della vittima, si arrabbia per cose di poco conto e appare sempre teso e irritato.
Successivamente, nella fase di espressione della violenza vi è la manifestazione vera e propria con urla, insulti, minacce, rottura di oggetti, lesioni fino ad arrivare alla violenza sessuale o l’uso di armi. E’ solitamente la fase più breve. La donna si sente completamente impotente nel controllare l’escalation della rabbia e ha paura, non sono infrequenti vissuti di incredulità e impotenza, con tendenza all’isolamento.
È in questa fase che solitamente prende coscienza della violenza e cerca aiuto.
A questa fase segue la riappacificazione, è la fase della luna di miele in cui l’uomo si serve di strategie di manipolazione emotiva, adotta un atteggiamento gentile, premuroso e attento: il classico “principe azzurro”. In questa momento solitamente il partner si mostra pentito e chiede scusa per il proprio comportamento, anche se in realtà è molto più preoccupato per se stesso e per la sua immagine che per la partner. L’uomo cerca inoltre di minimizzare le proprie azioni (“Non ho detto questo, hai capito male tu”, “Ti ho solo toccato, non ti ho spinta”, “Stai esagerando, come al solito”) e di scaricare la responsabilità sulla donna (“Mi hai provocato tu”, “L’hai voluto te”), creando confusione.
Spesso la donna cede alle scuse minimizzando o negando l’accaduto, nella speranza di non “buttar via” il tempo e gli sforzi impiegati nella relazione. La vittima si illude nel cambiamento del partner e del gesto violento come un “caso isolato”.
Questa fase è una vera e propria trappola: l’illusione di un rapporto trasformato e basato sul rispetto e sull’amore, presto darà nuovamente spazio alla tensione permettendo al ciclo della violenza di ricominciare da capo.
Una volta innescato il ciclo è faticoso disinnescarlo e uscirne: esso si ripete ininterrottamente crescendo di intensità e pericolosità.
Per questo motivo è bene riconoscere da subito quelli che sono i campanelli d’allarme di una relazione maltrattante.
10 CAMPANELLI D’ALLARME
- Litigi frequenti nati per motivi banali con scatti di aggressività;.
- Insulti, parolacce, offese, critiche, svalutazioni e umiliazioni (“Cosa vuoi capire te? Sei scema” “Troia”..);
- Controllo della vita sociale del partner, impedendo di far qualcosa che si desidera (“Non mettere quel vestito” “Non uscire con quell’amica”);
- Gelosia estrema e ingiustificata, accompagnata da idee di possesso: controllo di telefono, social, spostamenti, abbigliamento…;
- Controllo delle finanze (ad es: verificare la spesa di casa con scontrini) non permettendo alla partner di usare liberamente i soldi;
- Incutere paura (“Se lo fai ancora, vedi cosa ti faccio”);
- Usare la violenza fisica: schiaffi, spintoni, etc.
- Pressione per avere rapporti sessuali o prestazioni particolari;
- Mancata consapevolezza della propria violenza e di responsabilità dei propri agiti violenti, attribuendoli a cause esterne (“Tu alimenti la mia gelosia”, “È colpa tua che ti metti in situazioni ambigue” ..)
- Isolamento della coppia.
In conclusione: si è in una relazione violenta quando si verifica uno squilibrio tale per cui uno dei due partner vuole predominare e/o controllare l’altra persona.
Nessuna donna dovrebbe sopportare questo dolore.
Se ti riconosci in questo tipo di relazione, contatta un Centro Antiviolenza o il 1522. Se invece conosci qualcuno che vive una relazione violenta, non essere cieco, chiama le Forze dell’Ordine.
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