Le terapie non farmacologiche nella demenza

Nel mondo si contano circa 50 milioni di persone affette da demenza, una cifra destinata quasi a raddoppiare ogni 20 anni: una vera e propria epidemia sociosanitaria. Solo in Italia si stimano oltre un milione di pazienti, di cui il 60% dei casi è di demenza di Alzheimer (per maggiori informazioni “La demenza: una priorità mondiale di salute pubblica”).

Ad oggi, non esistono farmaci in grado di prevenire o curare il decorso cronico e progressivo della malattia. Al contrario, invece, è possibile intervenire con tutta una serie di terapie non farmacologiche estremamente utili, da affiancare – ove necessario – ai farmaci.

demenza terapie non farmacologiche

Le terapie non farmacologiche:

che cosa sono?

Nel corso degli ultimi decenni è cambiata notevolmente la visione della demenza.

Precedentemente si considerava la demenza una malattia devastante del Sistema Nervoso Centrale, in cui personalità e identità venivano distrutte progressivamente. Oggi questo concetto è superato: si considera la demenza una disabilità e la qualità dell’assistenza influisce sul modo in cui la persona ne è colpita.

Inoltre l’interesse per questa malattia è notevolmente aumentato, portando con sè molti studi a riguardo. Una maggiore e migliore caratterizzazione clinica ha permesso quindi di sviluppare delle terapie sempre più mirate e fondate da basi teoriche di riferimento.

COSA SI INTENDE CON TERAPIE NON FARMACOLOGICHE?

Con  “terapie non farmacologiche” si intendono “qualsiasi intervento, strategia o tecnica, avente la finalità di consentire ai pazienti e alle loro famiglie di convivere, amministrare, by-passare, ridurre o venire a patti con i deficit..” (Wilson, 1997).

Sono dunque interventi condotti con la persona affetta da demenza o con il caregiver di riferimento, a domicilio o in struttura (RSA, Centri Diurni..), in grado di fornire un beneficio.

Le terapie non farmacologiche:

quali sono?

Esistono diverse terapie non farmacologiche (TNF) in base all’approccio adottato:

  • TNF orientate al comportamento: si basano sull’analisi degli antecedenti e delle conseguenze di un disturbo comportamentale (ABC, Antecedent-Behavior-Consequence): che cosa è successo prima? e dopo? C’è qualche variabile sempre presente che fa scatenare quel comportamento? Come posso intervenire?. Vengono ricercate le soluzioni più adeguate da adottare per prevenire/gestire il disturbo. Ad esempio: si può intervenire modificando l’ambiente o il tipo di comunicazione con il caregiver (Modello Gentle Care).
  • TNF orientate alla cognizione: interventi che mirano a riorentare la persona e ad allenare le abilità cognitive ancora preservate. Ad esempio: la Terapia di orientamento alla realtà (ROT) e la Terapia di stimolazione cognitiva (CST) sono due protocolli standardizzati ed efficaci nel mantenere e migliorare lo stato cognitivo delle persone con demenza.
  • TNF orientate alle emozioni: interventi di sostegno, di supporto psicologico e di validazione empatica del mondo interiore della persona. Ad esempio: la terapia della reminiscenza può essere molto utile per recuperare emozioni positive (oltre a stimolare la memoria autobiografica).
  • TNF orientate alla stimolazione sensoriale: stimolano la sensorialità, coinvolgendo la sfera comportamentale ed emotivo-affettiva. Ad esempio: arteterapia (permette di esprimere il proprio vissuto con le potenzialità rimaste), la musicoterapia (consente di comunicare tramite i suoni), la terapia della bambola (ne ho parlato recentemente sul mio Instagram).
Qui ho parlato della Terapia della Bambola

GLI OBIETTIVI

Gli obiettivi generali che tutti questi approcci si danno sono 3:

  1. il mantenimento delle funzioni ancora preservate e presenti della persona (funzioni cognitive, comportamentali e funzionali);
  2. cercare in qualche modo di far mantenere il ruolo e l’autonomia massima del soggetto nel proprio ambiente di vita, quindi cercando di limitare l’impatto disabilitante che la demenza ha;
  3. incentivare l’adattamento alla malattia nelle varie fasi sia della persona sia della famiglia, cercando così un miglioramento generale della qualità di vita del paziente e di chi se ne occupa.

I BENEFICI

I benefici della somministrazione di terapie non farmacologiche non riguardano solo il malato, ma anche il caregiver e l’intero sistema socio-sanitario.

Il caregiver con questi interventi si vede ridotto lo stress assistenziale: si riduce sensibilmente il carico oggettivo dell’assistenza del familiare con demenza, diminuendo così ansia e sintomatologia depressiva. In generale si è dimostrato anche per loro un miglioramento della qualità di vita.

A livello del sistema socio-sanitario si riducono i costi: si ritarda l’istituzionalizzazione e si evita la somministrazione di farmaci.

ASPETTI IMPORTANTI

La terapia non farmacologica è scelta in base alle caratteristiche della persona: storia di vita, preferenze, funzionamento sociale, bisogni, tipo di patologia,  grado di compromissione, presenza di disturbi comportamentali.

L’intervento non farmacologico deve essere “sartoriale“, cioè tagliato su misura per quella persona, e il più possibile “multimodale“, deve cercare di comprendere i diversi aspetti (cognitivo, comportamentale, sensoriale, affettivo..)

Non tutte le terapie farmacologiche sono adatte in tutte le fasi della malattia: è necessaria una valutazione iniziale ed intinere.

Necessitano di impegno, coinvolgimento attivo e continuità sia dell’anziano che del caregiver.

Se ti interessa l’argomento seguimi qui miei social facebook e instagram: prossimamente illustrerò diverse terapie non farmacologiche utili all’anziano e al caregiver.

Contattami se invece desideri maggiori informazioni.

A presto.

Dott.ssa Greta Meraviglia

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *